XFactor6, Free Souls: “Eravamo lì solo per il condimento del programma, come la maggior parte delle altre persone. E’ stata un’esperienza degradante”

Tra i tanti candidati che si sono presentati ai casting di XFactor 6, ci sono anche le Free Souls, due sorelle che sognano di cantare. Prima di esibirsi sulle note di Bruci la città, hanno esordito con una battua (“Siamo mantenute“) che ha infastidito la Ventura. Il giudice più glamour del talent le ha attaccate pesantemente in seconda battuta: “Il lavoro c’è, si deve cercare. Bisogna avere iniziativa. Se cercate lavoro come cantante stiamo a caro babbo..“. Abbiamo chiesto a Valeria, una delle Free Souls, si farci raccontare quest’esperienza dal suo punto di vista.

Andare a XFactor per me è tutto cominciato così per caso, e di certo non avevo grandi aspettative iniziali, ma mi sono detta “perché non provare, per imparare a volare bisogna sapersi buttare”.. e invece il volo è finito tutto in un’enorme splat. Premetto che di certo non volevo uscire dal palco di XFactor ed essere ritenuta Maria Callas o di ricevere 4 sì ed essere acclamata da tutti.

Mi è sempre piaciuto cantare fin dall’età di sei anni ma purtroppo la mia vita piuttosto frastagliata non mi ha mai potuto permettere di maturarmi nel canto, di studiare o di migliorarmi. Il canto l’ho sempre preso come un gioco grazie a mio zio che da piccole a me e a mia sorella ci faceva fare una specie di simulazione dello “Zecchino d’oro” in cui vincevo sempre, anche perchè mia sorella timidissima si rifiutava ogni volta di cantare. Io vincevo e mi sentivo bene (ride, ndr). Il canto per me è stato anche uno sfogo, cantavo ovunque: sotto la doccia, in cameretta, anche in mezzo alle stradine di campagna. Quando ero triste improvvisavo, quando giocavo facevo interpretare alle mie bambole dei piccoli musical in un inglese inventato, quando ero triste tiravo fuori le mie emozioni improvvisando canzoni, idem quando ero arrabbiata o felice. Per questo il canto lo definisco l’espressione più profonda dell’anima.

Sono rimasta delusa non tantomeno per la figuraccia perché comunque ancor prima di salire sul palco avevo già intuito che io e la mia amica eravamo solo il condimento del programma, come la maggior parte delle altre persone e mi dispiace davvero di averci creduto in parte, di aver creduto di essere bravina, non eccellente. Più che altro non sono riuscita ad apprezzare per nulla il comportamento maleducato della Ventura (che si facesse curare per carità, sembrava un cane rabbioso su ogni persona – preciso, ragazza – che saliva sul palco).

La mia esperienza (anzi la nostra , ma ora parlo per me) è stata degradante. E’ vero, non abbiamo offerto uno dei migliori spettacoli, ma cavolo non siamo cavie da laboratorio. Già ai precasting, quando ci hanno fatto una videointervista, mi sono chiesta “perché proprio noi?!”: eravamo passate alla fase successiva ma mi sembrava assurdo, la concorrenza era di gran lunga migliore di noi. Certo, volevo provare a cantare di fronte ad un pubblico vero e poter conoscere da vicino il mondo televisivo.

Il giorno del provino ero esausta: abbiamo passato 12 ore in una stanza con l’aria condizionata accesa che mi ha fatto tornare a casa col raffreddore. Infine aggiungo che – forse – la mia ironia è stata accolta male oppure mi sono espressa male io. Di certo, utilizzando la battuta “siamo mantenute” non volevo dire che siamo felici di esserlo, ma semplicemente volevo essere autoironica; non voglio sminuire chi non ha un lavoro o chi l’ha perso, anzi trovandomi anche io nella stessa situazione, diciamo che rido per non piangere. Non volevo e non sono una ragazza svogliata e lavativa che non fa niente dalla mattina alla sera, ma non è colpa mia se non c’è lavoro.

Accantonerò questa mia esperienza come una di quelle cavolate che si fanno da giovani e, un giorno, quando sarà vecchia e la raconterò ai miei nipoti.. così potranno riderci su anche loro.

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